Su questo sito usiamo i cookies, anche di terze parti. Navigandolo accetti.

Le politiche di genere: il PNRR e la Strategia Nazionale

La storia di Lidia Poët ci mette ancora una volta di fronte al tema dell’egualianza di genere, così strettamente intrecciato all’evoluzione delle democrazie occidentali e, in particolare, di quella italiana”.

Nell'ambito degli interventi di promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, particolare attenzione è stata posta, negli ultimi anni, agli interventi a sostegno del principio della parità di genere in tutte le sue forme e attività, i cui principi si rinvengono all’interno della Costituzione, della legislazione europea e delle Convenzioni internazionali.

 

Invero, il cammino dell’eguaglianza rinviene le sue origini molti decenni fa e ha davanti a sè ancora un lungo tratto di strada da compiere, si pensi, infatti, che l’art. 51 della Costituzione è stato modificato solo nel 2003.

La parità di genere, infatti, rappresenta uno strumento di crescita nonchè uno dei capisaldi più rilevanti e urgenti dell’agenda di sviluppo sostenibile e progresso dei Paesi: le Nazioni Unite hanno, infatti, indicato la parità di genere come il quinto dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e l’Unione Europea ha promosso uno Strategic Engagement sulla Gender Equality per il triennio 2016- 2019 e una nuova Strategia per il quinquennio 2020-2025.

In particolare, la strategia per la parità di genere 2020-2025 adottata dalla Commissione europea sottolinea l’impegno delle istituzioni europee a sostegno del principio della parità in tutte le sue forme e attività.

La parità di genere rappresenta una delle tre priorità trasversali in termini di inclusione sociale anche all’interno del PNRR. Per contrastare le molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne, il Governo annuncia nel PNRR l’adozione di una Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026. La Strategia, che prende in considerazione 5 priorità strategiche volte a misurare i principali aspetti del fenomeno della disparità di genere, ovvero lavoro, reddito, competenze, tempo e potere, si propone di raggiungere, entro il 2026, l’incremento di cinque punti nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE), che attualmente vede l’Italia al 14esimo posto nella classifica dei Paesi UE-27. Per tali indicatori, oltre al valore attuale, viene identificato anche un valore target, ovvero un obiettivo specifico e misurabile da raggiungere, entrambi strumenti volti a guidare l’azione di governo e monitorare in ultima istanza l’efficacia di tutte le iniziative.

In Italia, l'azione legislativa negli ultimi anni si è concentrata, da un lato, sul mondo del lavoro, che è stato oggetto di numerosi interventi normativi al fine di riconoscere l’equiparazione dei diritti e di maggiori tutele alle donne lavoratrici; in questa direzione si collocano, in particolare, le disposizioni volte a favorire la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro (anche, ad esempio, mediante l’erogazione di un bonus per servizi di babysitting) e il supporto alla genitorialità, nonché le disposizioni per il contrasto delle cd. dimissioni in bianco. Dall’altro lato sono stati rafforzati gli strumenti di sostegno finalizzati alla creazione e allo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile.

Il divario di genere è stato certamente acclarato dalla crisi pandemica. Difatti, le conseguenze dell’epidemia sul piano economico e sociale hanno aggravato le diseguaglianze esistenti tra uomini e donne anche in quei Paesi occidentali, come l’Italia, in cui si lavora costantemente per la piena parità tra donne e uomini, ben sapendo che l’obiettivo è ancora lontano.

Differenti sono le cause da cui scaturisce il divario di genere, tra cui ragioni legate in parte a fattori storici e in parte a stereotipi di genere ormai profondamente radicati nonchè alla sottorappresentazione delle donne nel mercato del lavoro che rappresenta da sempre uno dei canali più importanti per l’emancipazione.

Dall’analisi del Global Gender Gap Index da un lato si assiste ad una accelerazione della digitalizzazione e dell’adozione di nuove tecnologie, dall’altro si registra un crescente doppio carico di lavoro e cura familiare con conseguenze maggiori soprattutto per le donne.

Dal Global Gender Gap Report 2021 del World Economic Forum emergeche l’Islanda, per la dodicesima volta, è il Paese con la maggiore parità di genere e l’Italia, nonostante la risalita di 13 posizioni nella classifica rispetto al 2020, si colloca solo al 63esimo posto con un divario verso il raggiungimento della piena parità di genere dello 0,721 su un punteggio di riferimento di 1, dopo il Perù, e si posiziona molto lontana dal podio dominato da Islanda, Finlandia e Norvegia.

Al fine di colmare il suddetto gap sarà necessario focalizzare l’attenzione sulle seguenti tre cause principali, come evidenziato dal World Economic Forum, Global Gender Gap Index (2021): le donne continuano ad essere maggiormente impiegate nei lavori “automatizzanti”; il permanere della minoranza femminile nelle professioni in cui la crescita dei salari è più consistente (in particolare nei settori innovativi ad elevato sviluppo tecnologico) ed, infine, nei Paesi in via di sviluppo, le donne continuano ad essere la categoria più colpita dalla cronica carenza di infrastrutture e difficoltà di accesso al capitale.

Roberta Giordano

Iscriviti alla nostra newsletter